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I migliori vini Rossi, Bianchi e Rosé della Tunisia


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Tunisia Wines

A proposito di vini in barrique


Molto spesso sentiamo parlare di barrique, di affinamento in barrique, del ruolo delle barriques,ma non sappiamo esattamente cosa sono e a che cosa servono. Vediamo con l'aiuto di Maurizio Castelli e di un grande enologo e ricercatore francese Emile Peynaud, a cui va il merito di aver rivoluzionato la vinificazione nella seconda metà del 20° secolo, di saperne di più.

In principio la barrique fu un'unità di misura di volume francese. Si rifaceva « all'epoca in cui il vino veniva trasportato in battelli aldilà del mare: quattro barriques corrispondono a 900 litri; misura questa pari ad un tonneau e i battelli che trasportavano les barriques avevano la capacità in tonneaux»
Tunisia
Le barriques nascono come contenitori per trasportare il vino. La loro origine, tutt'altro che moderna, è molto antica, addirittura precristiana. Sembra che l'abitudine di conservare il vino in legno risalga addirittura ai Galli e ai Celti. In passato venivano utilizzati vari tipi di legni, come quello di acacia o castagno, poi abbandonati a causa della cessione di tannini amari. Nel costruirle il legno più utilizzato oggi è invece quello del Quercus sessilis (molto diffusa in Francia) o peduncolata, due varietà di rovere estremamente pregiate.

Se la Francia resta un imprescinbile punto di riferimento, anche la Slavonia e l'America sono importanti produttrici di barriques.

A differenza di quelle francesi però il rovere usato è di provenienza americana - il Quercus alba - che si presta ad essere segato (cosa che non avviene mai nel caso delle barriques francesi) e lavorato con maggior facilità. È bene sottolineare che i legni più pregiati sono ottenuti abbattendo esclusivamente alberi molto vecchi (spesso oltre i cento anni), la cui anzianità permette ai tannini del legno di “maturare” ed ingentilirsi.

In Francia la gestione delle foreste secolari, da cui provengono questi legni, è strettamente regolamentata al fine di non abbattere alberi troppo giovani e comunque mai in quantità superiori a quelle ritenute opportune per non depauperare le foreste stesse. Il rovere francese non è tuttavia l'unico a possedere doti di grande qualità: anche in Slavonia si potrebbero ottenere ottimi risultati. Finora, tuttavia, si è scelto di abbattere in prevalenza piante giovani, pregiudicando così la possibilità di raggiungere livelli qualitativi pari agli standard francesi.

La fama delle barriques francesi non dipende però solo dalle caratteristiche del legno usato, ma anche dalla qualità del suo “taglio” detto “spacco in quarto”, arte che in Francia si è tramandata tradizionalmente da anni. Le sezioni di tronco vengono spaccate, mai segate, al fine di seguire le venature naturali del legno. Lo spacco avviene sempre tangenzialmente ai raggi midollari (all'interno dei quali scorrono le sostanze nutritive dell'albero), che corrono verticalmente lungo il fusto. Questa lavorazione è senza dubbio più pregiata, ma assai più costosa a causa del sensibile scarto di legno dovuto allo spacco in quarto.

Le doghe così ottenute avranno i raggi midollari disposti parallelamente alle stesse, riducendo sia la possibilità di eventuali perdite di vino sia eccessive penetrazioni di ossigeno. Tali inconvenienti potrebbero invece verificarsi qualora, non avendo seguito le venature naturali del legno, i raggi andassero a disporsi perpendicolarmente alla doga, lavorando come canali di “scambio” dall'interno all'esterno della barrique e viceversa.

Dopo il “taglio” le doghe stagionano all'aperto, esposte alla pioggia ed al sole per un periodo compreso tra i due e i quattro anni. Durante questo periodo il legno acquisisce una maggior compattezza, mentre le piogge dilavano e disperdono sia i tannini verdi che le componenti indesiderate.

Una volta stagionate, le doghe vengono assemblate per formare la barrique. Questa per ora ancora priva dei due fondi, quindi aperta alle sue due estremità, è tenuta insieme grazie a due soli cerchi di metallo. In questa fase si procede alla celebre tostatura su fiamma naturale. Sfruttando il calore della tostatura, le doghe si ammorbidiscono e vengono progressivamente piegate e fissate aggiungendo ulteriori cerchi di metallo, fino al raggiungimento della forma tradizionale.

Dopo la tostatura verranno inseriti i fondi, formati da liste di legno assemblate mediante un particolare sistema di incastro per evitare l'uso dei chiodi in ferro. Su di essi verrà impresso a fuoco il nome della Tonnellerie (fabbrica di botti) che le ha costruite e il nome del vignaiolo che ne farà uso.
Non solo.

Sulle barrique compare il nome della foresta di provenienza, un'indicazione importante perché - proprio come accade per il vino - anche la materia prima delle barriques ha i suoi luoghi di eccellenza, i “terroir e i cru” dove i legni raggiungono punte di qualità uniche e riconoscibili.

A cosa servono le barriques in cantina?

Ce lo dice Lorenzo Tablino, giovane enologo nelle Langhe, una delle aree vitivinicole più importanti al mondo, patria del Barolo e del Barbaresco.

“Le barriques si utilizzano per vini rossi importanti che hanno una buona struttura, ma anche su bianchi secchi o sulle basi degli spumanti a metodo classico.

Il vino all' interno della barrique si arricchisce di molti composti ceduti dal legno: tannini ellagici, aldeidi fenoliche, lattoni ed acidi fenolici.

Oltre a conferire al vino aromi che al nostro naso ricorderanno la vaniglia, il legno tostato, la noce di cocco, la funzione della barrique è quella di permettere un' ossigenazione controllata: l' ossigeno penetra attraverso le doghe lentamente, favorendo cosi una microssigenazione naturale e la polimerizzazione dei tannini.
Attraverso meccanismi chimici si arriverà alla formazione di complessi antociani-tannini e tannini-tannini, tramite il legame con l' acetaldeide, che rendono il colore del nostro vino rosso più cupo ma stabile nel tempo, garantendo longevità e morbidezza.
L' ossigenazione del nostro vino all' interno di una barrique è maggiore rispetto ad una botte più grande, dato il rapporto volume/superficie di contatto.

Non tutte le cantine utilizzano la barrique, alcune perché non convinte del beneficio che può apportare al vino, altre per gli ingenti costi che comportano.
Le barriques infatti sono care, richiedono molta manodopera e una scrupolosa igiene: se la barrique non viene lavata bene, e le doghe non vengono sterilizzate con dischetti di zolfo, al suo interno possono svilupparsi brettanomyces, responsabili della produzione di composti aromatici indesiderati: i fenoli volatili.
Tali composti danno luogo alla percezione di note sgradevoli qualificate come “animali” (cuoio, cavallo, stalla), farmaceutiche (cerotto, medicinale) o di solvente.

Se volete il parere di Tunisia Wines sulla questione SI/NO all'uso delle barriques vi diciamo che concordiamo con l'immenso Aristotele che, nella sua Etica Nicomachea, scrive “ l'eccesso costituisce un errore e il difetto è biasimato, mentre il mezzo è lodato ed ha successo”.

Quindi la virtù tende al mezzo, come nelle cose della vita. La barrique va usata quando serve a darci grandi vini ma, attenzione, l'uso eccessivo e prolungato appiattisce i vini, li omologa e li rende tutti simili, cioè figli del legno e meno dell'uva. Ma questa è una nostra opinione. Voi, amici dei vini tunisini, fatevi la vostra, bevendo e ribevendo i vini delle cantine tunisine.
Vi consigliamo alcuni vini tunisini in cui la barrique è usata bene.

I Vignerons de Carthage la usano per affinare Il loro Vieux Magon e il Domanine Lansarine.

Il Domaine Atlas, addirittura,affina il suo Ifrikia Rosso prima nelle barrique di quercia americana e successivamente in quelle di quercia francese.

Quando si dice prendere il meglio da tutti.

Infine, la Cave Ceptunes utilizza le barriques per Jour et Nuit rouge e Reserve e il Didona rouge e, per tre mesi soltanto, anche per il Didona bianco.

Ma non sono le sole cantine tunisine ad utilizzate il legno delle barriques.

Non perdetevi il piacere di scoprirne altre!

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A proposito di vini in barrique


Molto spesso sentiamo parlare di barrique, di affinamento in barrique, del ruolo delle barriques,ma non sappiamo esattamente cosa sono e a che cosa servono. Vediamo con l'aiuto di Maurizio Castelli e di un grande enologo e ricercatore francese Emile Peynaud, a cui va il merito di aver rivoluzionato la vinificazione nella seconda metà del 20° secolo, di saperne di più.

In principio la barrique fu un'unità di misura di volume francese. Si rifaceva « all'epoca in cui il vino veniva trasportato in battelli aldilà del mare: quattro barriques corrispondono a 900 litri; misura questa pari ad un tonneau e i battelli che trasportavano les barriques avevano la capacità in tonneaux»
Tunisia
Le barriques nascono come contenitori per trasportare il vino. La loro origine, tutt'altro che moderna, è molto antica, addirittura precristiana. Sembra che l'abitudine di conservare il vino in legno risalga addirittura ai Galli e ai Celti. In passato venivano utilizzati vari tipi di legni, come quello di acacia o castagno, poi abbandonati a causa della cessione di tannini amari. Nel costruirle il legno più utilizzato oggi è invece quello del Quercus sessilis (molto diffusa in Francia) o peduncolata, due varietà di rovere estremamente pregiate.

Se la Francia resta un imprescinbile punto di riferimento, anche la Slavonia e l'America sono importanti produttrici di barriques.

A differenza di quelle francesi però il rovere usato è di provenienza americana - il Quercus alba - che si presta ad essere segato (cosa che non avviene mai nel caso delle barriques francesi) e lavorato con maggior facilità. È bene sottolineare che i legni più pregiati sono ottenuti abbattendo esclusivamente alberi molto vecchi (spesso oltre i cento anni), la cui anzianità permette ai tannini del legno di “maturare” ed ingentilirsi.

In Francia la gestione delle foreste secolari, da cui provengono questi legni, è strettamente regolamentata al fine di non abbattere alberi troppo giovani e comunque mai in quantità superiori a quelle ritenute opportune per non depauperare le foreste stesse. Il rovere francese non è tuttavia l'unico a possedere doti di grande qualità: anche in Slavonia si potrebbero ottenere ottimi risultati. Finora, tuttavia, si è scelto di abbattere in prevalenza piante giovani, pregiudicando così la possibilità di raggiungere livelli qualitativi pari agli standard francesi.

La fama delle barriques francesi non dipende però solo dalle caratteristiche del legno usato, ma anche dalla qualità del suo “taglio” detto “spacco in quarto”, arte che in Francia si è tramandata tradizionalmente da anni. Le sezioni di tronco vengono spaccate, mai segate, al fine di seguire le venature naturali del legno. Lo spacco avviene sempre tangenzialmente ai raggi midollari (all'interno dei quali scorrono le sostanze nutritive dell'albero), che corrono verticalmente lungo il fusto. Questa lavorazione è senza dubbio più pregiata, ma assai più costosa a causa del sensibile scarto di legno dovuto allo spacco in quarto.

Le doghe così ottenute avranno i raggi midollari disposti parallelamente alle stesse, riducendo sia la possibilità di eventuali perdite di vino sia eccessive penetrazioni di ossigeno. Tali inconvenienti potrebbero invece verificarsi qualora, non avendo seguito le venature naturali del legno, i raggi andassero a disporsi perpendicolarmente alla doga, lavorando come canali di “scambio” dall'interno all'esterno della barrique e viceversa.

Dopo il “taglio” le doghe stagionano all'aperto, esposte alla pioggia ed al sole per un periodo compreso tra i due e i quattro anni. Durante questo periodo il legno acquisisce una maggior compattezza, mentre le piogge dilavano e disperdono sia i tannini verdi che le componenti indesiderate.

Una volta stagionate, le doghe vengono assemblate per formare la barrique. Questa per ora ancora priva dei due fondi, quindi aperta alle sue due estremità, è tenuta insieme grazie a due soli cerchi di metallo. In questa fase si procede alla celebre tostatura su fiamma naturale. Sfruttando il calore della tostatura, le doghe si ammorbidiscono e vengono progressivamente piegate e fissate aggiungendo ulteriori cerchi di metallo, fino al raggiungimento della forma tradizionale.

Dopo la tostatura verranno inseriti i fondi, formati da liste di legno assemblate mediante un particolare sistema di incastro per evitare l'uso dei chiodi in ferro. Su di essi verrà impresso a fuoco il nome della Tonnellerie (fabbrica di botti) che le ha costruite e il nome del vignaiolo che ne farà uso.
Non solo.

Sulle barrique compare il nome della foresta di provenienza, un'indicazione importante perché - proprio come accade per il vino - anche la materia prima delle barriques ha i suoi luoghi di eccellenza, i “terroir e i cru” dove i legni raggiungono punte di qualità uniche e riconoscibili.

A cosa servono le barriques in cantina?

Ce lo dice Lorenzo Tablino, giovane enologo nelle Langhe, una delle aree vitivinicole più importanti al mondo, patria del Barolo e del Barbaresco.

“Le barriques si utilizzano per vini rossi importanti che hanno una buona struttura, ma anche su bianchi secchi o sulle basi degli spumanti a metodo classico.

Il vino all' interno della barrique si arricchisce di molti composti ceduti dal legno: tannini ellagici, aldeidi fenoliche, lattoni ed acidi fenolici.

Oltre a conferire al vino aromi che al nostro naso ricorderanno la vaniglia, il legno tostato, la noce di cocco, la funzione della barrique è quella di permettere un' ossigenazione controllata: l' ossigeno penetra attraverso le doghe lentamente, favorendo cosi una microssigenazione naturale e la polimerizzazione dei tannini.
Attraverso meccanismi chimici si arriverà alla formazione di complessi antociani-tannini e tannini-tannini, tramite il legame con l' acetaldeide, che rendono il colore del nostro vino rosso più cupo ma stabile nel tempo, garantendo longevità e morbidezza.
L' ossigenazione del nostro vino all' interno di una barrique è maggiore rispetto ad una botte più grande, dato il rapporto volume/superficie di contatto.

Non tutte le cantine utilizzano la barrique, alcune perché non convinte del beneficio che può apportare al vino, altre per gli ingenti costi che comportano.
Le barriques infatti sono care, richiedono molta manodopera e una scrupolosa igiene: se la barrique non viene lavata bene, e le doghe non vengono sterilizzate con dischetti di zolfo, al suo interno possono svilupparsi brettanomyces, responsabili della produzione di composti aromatici indesiderati: i fenoli volatili.
Tali composti danno luogo alla percezione di note sgradevoli qualificate come “animali” (cuoio, cavallo, stalla), farmaceutiche (cerotto, medicinale) o di solvente.

Se volete il parere di Tunisia Wines sulla questione SI/NO all'uso delle barriques vi diciamo che concordiamo con l'immenso Aristotele che, nella sua Etica Nicomachea, scrive “ l'eccesso costituisce un errore e il difetto è biasimato, mentre il mezzo è lodato ed ha successo”.

Quindi la virtù tende al mezzo, come nelle cose della vita. La barrique va usata quando serve a darci grandi vini ma, attenzione, l'uso eccessivo e prolungato appiattisce i vini, li omologa e li rende tutti simili, cioè figli del legno e meno dell'uva. Ma questa è una nostra opinione. Voi, amici dei vini tunisini, fatevi la vostra, bevendo e ribevendo i vini delle cantine tunisine.
Vi consigliamo alcuni vini tunisini in cui la barrique è usata bene.

I Vignerons de Carthage la usano per affinare Il loro Vieux Magon e il Domanine Lansarine.

Il Domaine Atlas, addirittura,affina il suo Ifrikia Rosso prima nelle barrique di quercia americana e successivamente in quelle di quercia francese.

Quando si dice prendere il meglio da tutti.

Infine, la Cave Ceptunes utilizza le barriques per Jour et Nuit rouge e Reserve e il Didona rouge e, per tre mesi soltanto, anche per il Didona bianco.

Ma non sono le sole cantine tunisine ad utilizzate il legno delle barriques.

Non perdetevi il piacere di scoprirne altre!

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A proposito di vini in barrique


Molto spesso sentiamo parlare di barrique, di affinamento in barrique, del ruolo delle barriques,ma non sappiamo esattamente cosa sono e a che cosa servono. Vediamo con l'aiuto di Maurizio Castelli e di un grande enologo e ricercatore francese Emile Peynaud, a cui va il merito di aver rivoluzionato la vinificazione nella seconda metà del 20° secolo, di saperne di più.

In principio la barrique fu un'unità di misura di volume francese. Si rifaceva « all'epoca in cui il vino veniva trasportato in battelli aldilà del mare: quattro barriques corrispondono a 900 litri; misura questa pari ad un tonneau e i battelli che trasportavano les barriques avevano la capacità in tonneaux»
Tunisia
Le barriques nascono come contenitori per trasportare il vino. La loro origine, tutt'altro che moderna, è molto antica, addirittura precristiana. Sembra che l'abitudine di conservare il vino in legno risalga addirittura ai Galli e ai Celti. In passato venivano utilizzati vari tipi di legni, come quello di acacia o castagno, poi abbandonati a causa della cessione di tannini amari. Nel costruirle il legno più utilizzato oggi è invece quello del Quercus sessilis (molto diffusa in Francia) o peduncolata, due varietà di rovere estremamente pregiate.

Se la Francia resta un imprescinbile punto di riferimento, anche la Slavonia e l'America sono importanti produttrici di barriques.

A differenza di quelle francesi però il rovere usato è di provenienza americana - il Quercus alba - che si presta ad essere segato (cosa che non avviene mai nel caso delle barriques francesi) e lavorato con maggior facilità. È bene sottolineare che i legni più pregiati sono ottenuti abbattendo esclusivamente alberi molto vecchi (spesso oltre i cento anni), la cui anzianità permette ai tannini del legno di “maturare” ed ingentilirsi.

In Francia la gestione delle foreste secolari, da cui provengono questi legni, è strettamente regolamentata al fine di non abbattere alberi troppo giovani e comunque mai in quantità superiori a quelle ritenute opportune per non depauperare le foreste stesse. Il rovere francese non è tuttavia l'unico a possedere doti di grande qualità: anche in Slavonia si potrebbero ottenere ottimi risultati. Finora, tuttavia, si è scelto di abbattere in prevalenza piante giovani, pregiudicando così la possibilità di raggiungere livelli qualitativi pari agli standard francesi.

La fama delle barriques francesi non dipende però solo dalle caratteristiche del legno usato, ma anche dalla qualità del suo “taglio” detto “spacco in quarto”, arte che in Francia si è tramandata tradizionalmente da anni. Le sezioni di tronco vengono spaccate, mai segate, al fine di seguire le venature naturali del legno. Lo spacco avviene sempre tangenzialmente ai raggi midollari (all'interno dei quali scorrono le sostanze nutritive dell'albero), che corrono verticalmente lungo il fusto. Questa lavorazione è senza dubbio più pregiata, ma assai più costosa a causa del sensibile scarto di legno dovuto allo spacco in quarto.

Le doghe così ottenute avranno i raggi midollari disposti parallelamente alle stesse, riducendo sia la possibilità di eventuali perdite di vino sia eccessive penetrazioni di ossigeno. Tali inconvenienti potrebbero invece verificarsi qualora, non avendo seguito le venature naturali del legno, i raggi andassero a disporsi perpendicolarmente alla doga, lavorando come canali di “scambio” dall'interno all'esterno della barrique e viceversa.

Dopo il “taglio” le doghe stagionano all'aperto, esposte alla pioggia ed al sole per un periodo compreso tra i due e i quattro anni. Durante questo periodo il legno acquisisce una maggior compattezza, mentre le piogge dilavano e disperdono sia i tannini verdi che le componenti indesiderate.

Una volta stagionate, le doghe vengono assemblate per formare la barrique. Questa per ora ancora priva dei due fondi, quindi aperta alle sue due estremità, è tenuta insieme grazie a due soli cerchi di metallo. In questa fase si procede alla celebre tostatura su fiamma naturale. Sfruttando il calore della tostatura, le doghe si ammorbidiscono e vengono progressivamente piegate e fissate aggiungendo ulteriori cerchi di metallo, fino al raggiungimento della forma tradizionale.

Dopo la tostatura verranno inseriti i fondi, formati da liste di legno assemblate mediante un particolare sistema di incastro per evitare l'uso dei chiodi in ferro. Su di essi verrà impresso a fuoco il nome della Tonnellerie (fabbrica di botti) che le ha costruite e il nome del vignaiolo che ne farà uso.
Non solo.

Sulle barrique compare il nome della foresta di provenienza, un'indicazione importante perché - proprio come accade per il vino - anche la materia prima delle barriques ha i suoi luoghi di eccellenza, i “terroir e i cru” dove i legni raggiungono punte di qualità uniche e riconoscibili.

A cosa servono le barriques in cantina?

Ce lo dice Lorenzo Tablino, giovane enologo nelle Langhe, una delle aree vitivinicole più importanti al mondo, patria del Barolo e del Barbaresco.

“Le barriques si utilizzano per vini rossi importanti che hanno una buona struttura, ma anche su bianchi secchi o sulle basi degli spumanti a metodo classico.

Il vino all' interno della barrique si arricchisce di molti composti ceduti dal legno: tannini ellagici, aldeidi fenoliche, lattoni ed acidi fenolici.

Oltre a conferire al vino aromi che al nostro naso ricorderanno la vaniglia, il legno tostato, la noce di cocco, la funzione della barrique è quella di permettere un' ossigenazione controllata: l' ossigeno penetra attraverso le doghe lentamente, favorendo cosi una microssigenazione naturale e la polimerizzazione dei tannini.
Attraverso meccanismi chimici si arriverà alla formazione di complessi antociani-tannini e tannini-tannini, tramite il legame con l' acetaldeide, che rendono il colore del nostro vino rosso più cupo ma stabile nel tempo, garantendo longevità e morbidezza.
L' ossigenazione del nostro vino all' interno di una barrique è maggiore rispetto ad una botte più grande, dato il rapporto volume/superficie di contatto.

Non tutte le cantine utilizzano la barrique, alcune perché non convinte del beneficio che può apportare al vino, altre per gli ingenti costi che comportano.
Le barriques infatti sono care, richiedono molta manodopera e una scrupolosa igiene: se la barrique non viene lavata bene, e le doghe non vengono sterilizzate con dischetti di zolfo, al suo interno possono svilupparsi brettanomyces, responsabili della produzione di composti aromatici indesiderati: i fenoli volatili.
Tali composti danno luogo alla percezione di note sgradevoli qualificate come “animali” (cuoio, cavallo, stalla), farmaceutiche (cerotto, medicinale) o di solvente.

Se volete il parere di Tunisia Wines sulla questione SI/NO all'uso delle barriques vi diciamo che concordiamo con l'immenso Aristotele che, nella sua Etica Nicomachea, scrive “ l'eccesso costituisce un errore e il difetto è biasimato, mentre il mezzo è lodato ed ha successo”.

Quindi la virtù tende al mezzo, come nelle cose della vita. La barrique va usata quando serve a darci grandi vini ma, attenzione, l'uso eccessivo e prolungato appiattisce i vini, li omologa e li rende tutti simili, cioè figli del legno e meno dell'uva. Ma questa è una nostra opinione. Voi, amici dei vini tunisini, fatevi la vostra, bevendo e ribevendo i vini delle cantine tunisine.
Vi consigliamo alcuni vini tunisini in cui la barrique è usata bene.

I Vignerons de Carthage la usano per affinare Il loro Vieux Magon e il Domanine Lansarine.

Il Domaine Atlas, addirittura,affina il suo Ifrikia Rosso prima nelle barrique di quercia americana e successivamente in quelle di quercia francese.

Quando si dice prendere il meglio da tutti.

Infine, la Cave Ceptunes utilizza le barriques per Jour et Nuit rouge e Reserve e il Didona rouge e, per tre mesi soltanto, anche per il Didona bianco.

Ma non sono le sole cantine tunisine ad utilizzate il legno delle barriques.

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