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olio di oliva dalla Tunisia

Olio di oliva dalla Tunisia: non è il diavolo.


Riflessioni su una vicenda gonfiata ad arte per far perdere di vista le vere criticità del settore La protesta contro l'olio di oliva dalla Tunisia non trova giustificazioni valide.

Di fronte alle ricorrenti polemiche sulle importazioni di olio di oliva dalla Tunisia, riportiamo alcune riflessioni sul argomento di Maurizio Agostini della Associazione ABC, Agricoltura Biologica in Calabria, che sono fuori dal coro nazionalista che accompagna da sempre il settore.

La lettera è stata inviata al Direttore del Il Fatto Alimentare, quotidiano online indipendente che pubblica articoli su tematiche alimentari: sicurezza, etichette, nutrizione, analisi dei prodotti, ecc. e approfondimenti su prezzi, consumi e legislazione.

La lettera è del marzo 2016 ma è straordinariamente attuale.

Caro Direttore,

si sentono ancora gli echi della tempesta mediatica che si è scatenata per la decisione presa dal Parlamento Europeo sull'importazione senza dazi di una quota aggiuntiva di 35 mila tonnellate di olio di oliva dalla Tunisia. Si tratta, in verità, di un provvedimento di cooperazione allo sviluppo, posto che la filiera olivicola rimane oggi una delle poche attività  che in quel paese può determinare crescita economica e stabili democratica.

Eventualità  auspicabili anche per noi. Ma tanta questa motivazione non ha placato le ire dei rappresentanti delle organizzazioni olivicole di carta, di grandi esperti di olio, chef e politici "anti-tutto".

Fra i tanti che oggi gridano allo scandalo ci sono quelli che davanti alle scene di migliaia di donne, bambini ed uomini in fuga da ogni terra martoriata dalla guerra e dalla fame, si scagliano contro le azioni di accoglienza umanitaria e urlano "aiutiamoli a casa loro".

Ecco oggi questa quota di importazione è un gesto concreto di aiuto! Ma la serietà e la coerenza non sono qualità che abbondano di questi tempi.

In diversi richiamano rischi su legalità e sicurezza dei prodotti.

La forsennata protesta non trova giustificazione nemmeno nei numeri macroeconomici. La quota autorizzata per l'importazione ammonta a circa 100-120 milioni di euro, a fronte di più di 8 miliardi di euro di consumi complessivi! Solo in Italia si produce annualmente olio per circa 300 mila tonnellate, con un valore di oltre un miliardo di euro.

Ne consumiamo almeno il doppio e ne esportiamo 300-350 mila Quindi l'Italia ogni anno importa oltre 600 mila tonnellate, soprattutto da Spagna e Grecia. Un volume di affari di oltre 1 miliardo di euro. La maggior parte delle transazioni import/export di olio di oliva nell'UE avvengono fuori dal regime doganale. Per intenderci una centrale di imbottigliamento di oli di oliva in Italia che importa direttamente olio extra europeo e lo confeziona per rivenderlo poi fuori dalla stessa Europa, opera senza dazio.

Insomma la nuova quota autorizzata per l'olio Tunisino è del tutto marginale nell'ambito dell'import/export del settore e non andrà certo a modificare quella che è la situazione del comparto olivicolo italiano ed europeo. In diversi richiamano anche rischi su legalità  e sicurezza dei prodotti.

Ma l'ingresso di prodotto irregolare viene favorito proprio dalle limitazioni alle frontiere. Aumentando le possibilità di importazione legale, si accrescono invece le possibilità di azione dei canali ufficiali di controllo. Ma poi, chi sono i protagonisti delle sofisticazioni e delle frodi? I produttori Tunisini o pezzi deviati delle filiere del continente europeo?

Nella sola regione Calabria ogni anno vengono erogati contributi Europei diretti ai redditi agricoli per un ammontare di circa 100 milioni di euro e gran parte sono riferibili ad attività olivicole. Sono derivazioni dei regimi di aiuto Europeo alla produzione olivicola che, dagli anni '70, hanno sostenuto il comparto.

Senza però evitare tanti fenomeni di drenaggio smisurato di risorse pubbliche, corruzione e malaffare. Quelli che sono i titoli di oggi, sono il risultato anche di questi fenomeni di un tempo, impossibili da scovare e sradicare alla luce del sole.

Dal 2006 ad oggi solo in Italia sono stati spesi decine e decine di milioni di euro per progetti destinati alle organizzazioni olivicole per monitoraggio, tracciabilità della qualità dell'olio d'oliva e diffusione delle informazioni.

A fronte di queste ingenti risorse pubbliche sovvengono tante domande. Qual è stata la ricaduta in produzioni olivicole di qualità e competitive?

Quanto olio extravergine di oliva è stato realmente caratterizzato e certificato al consumatore? C'è una riduzione degli impieghi di mezzi chimici di sintesi che può essere dimostrata?

In assenza di una risposta a queste domande, nulla possiamo dire e imputare in fatto di qualità degli oli ai nostri amici tunisini, che di contributi pubblici come i nostri non ne hanno! Serve un diverso approfondimento in materia di sviluppo olivicolo, dalla produzione in campo fino al post-consumo. Dobbiamo per forza di cose avere il coraggio di guardare oltre il nostro ombelico, per esempio allo scenario mondiale dei prossimi 20 anni.

La filiera olivicola è una delle poche attività in Tunisia che può determinare crescita economica e stabilità democratica

In questa situazione il comparto si dovrà confrontare con una tendenza dei consumi mondiali dell'olio di oliva in espansione, più di quanto succederà a casa nostra (che di olio ne consumiamo già molto). Infatti vi sono altre aree del pianeta che stanno convertendosi alla coltivazione olivicola (Australia, Sud America, Cina), in aggiunta ai tradizionali oliveti del Bacino Mediterraneo.

Allora logica vorrebbe che invece di considerare a priori come propri nemici o antagonisti i nostri dirimpettai Tunisini (o Marocchini, Algerini e via dicendo), si possa stabilire con questi una politica cooperativa di caratterizzazione qualitativa dei tanti oli di oliva, ognuno con la sua storia e le sue peculiarità, ma con una comune identità di riferimento data dal nostro mare comune.

L'identità del prodotto, improntata su principi di rispetto dell'ambiente, della salute e della dignità delle persone, che può far da base a una corretta informazione dei consumatori e determinare lo sviluppo della nostra olivicoltura, insieme a quella dei popoli a noi vicini. Olio extravergine biologico, tipico, solidale, con il giusto prezzo, nutraceutico, da oliveti secolari.

Sono questi i veri argomenti che abbiamo per arginare gli interessi dell'industria, della distribuzione (GDO) e delle multinazionali, che proprio sulle divisioni fra i produttori agricoli fondano le loro strategie di produzione distruttive e anonime, a vantaggio solo dei loro profitti.

E da operatori del settore dovremmo proprio augurarci che sia proprio una buona produzione di olio di oliva a dare finalmente inizio alla pace, alla prosperità e alla coesistenza di tutti i popoli del Mediterraneo!

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Olio di oliva dalla Tunisia: non è il diavolo.


Riflessioni su una vicenda gonfiata ad arte per far perdere di vista le vere criticità del settore La protesta contro l'olio di oliva dalla Tunisia non trova giustificazioni valide.

Di fronte alle ricorrenti polemiche sulle importazioni di olio di oliva dalla Tunisia, riportiamo alcune riflessioni sul argomento di Maurizio Agostini della Associazione ABC, Agricoltura Biologica in Calabria, che sono fuori dal coro nazionalista che accompagna da sempre il settore.

La lettera è stata inviata al Direttore del Il Fatto Alimentare, quotidiano online indipendente che pubblica articoli su tematiche alimentari: sicurezza, etichette, nutrizione, analisi dei prodotti, ecc. e approfondimenti su prezzi, consumi e legislazione.

La lettera è del marzo 2016 ma è straordinariamente attuale.

Caro Direttore,

si sentono ancora gli echi della tempesta mediatica che si è scatenata per la decisione presa dal Parlamento Europeo sull'importazione senza dazi di una quota aggiuntiva di 35 mila tonnellate di olio di oliva dalla Tunisia. Si tratta, in verità, di un provvedimento di cooperazione allo sviluppo, posto che la filiera olivicola rimane oggi una delle poche attività  che in quel paese può determinare crescita economica e stabili democratica.

Eventualità  auspicabili anche per noi. Ma tanta questa motivazione non ha placato le ire dei rappresentanti delle organizzazioni olivicole di carta, di grandi esperti di olio, chef e politici "anti-tutto".

Fra i tanti che oggi gridano allo scandalo ci sono quelli che davanti alle scene di migliaia di donne, bambini ed uomini in fuga da ogni terra martoriata dalla guerra e dalla fame, si scagliano contro le azioni di accoglienza umanitaria e urlano "aiutiamoli a casa loro".

Ecco oggi questa quota di importazione è un gesto concreto di aiuto! Ma la serietà e la coerenza non sono qualità che abbondano di questi tempi.

In diversi richiamano rischi su legalità e sicurezza dei prodotti.

La forsennata protesta non trova giustificazione nemmeno nei numeri macroeconomici. La quota autorizzata per l'importazione ammonta a circa 100-120 milioni di euro, a fronte di più di 8 miliardi di euro di consumi complessivi! Solo in Italia si produce annualmente olio per circa 300 mila tonnellate, con un valore di oltre un miliardo di euro.

Ne consumiamo almeno il doppio e ne esportiamo 300-350 mila Quindi l'Italia ogni anno importa oltre 600 mila tonnellate, soprattutto da Spagna e Grecia. Un volume di affari di oltre 1 miliardo di euro. La maggior parte delle transazioni import/export di olio di oliva nell'UE avvengono fuori dal regime doganale. Per intenderci una centrale di imbottigliamento di oli di oliva in Italia che importa direttamente olio extra europeo e lo confeziona per rivenderlo poi fuori dalla stessa Europa, opera senza dazio.

Insomma la nuova quota autorizzata per l'olio Tunisino è del tutto marginale nell'ambito dell'import/export del settore e non andrà certo a modificare quella che è la situazione del comparto olivicolo italiano ed europeo. In diversi richiamano anche rischi su legalità  e sicurezza dei prodotti.

Ma l'ingresso di prodotto irregolare viene favorito proprio dalle limitazioni alle frontiere. Aumentando le possibilità di importazione legale, si accrescono invece le possibilità di azione dei canali ufficiali di controllo. Ma poi, chi sono i protagonisti delle sofisticazioni e delle frodi? I produttori Tunisini o pezzi deviati delle filiere del continente europeo?

Nella sola regione Calabria ogni anno vengono erogati contributi Europei diretti ai redditi agricoli per un ammontare di circa 100 milioni di euro e gran parte sono riferibili ad attività olivicole. Sono derivazioni dei regimi di aiuto Europeo alla produzione olivicola che, dagli anni '70, hanno sostenuto il comparto.

Senza però evitare tanti fenomeni di drenaggio smisurato di risorse pubbliche, corruzione e malaffare. Quelli che sono i titoli di oggi, sono il risultato anche di questi fenomeni di un tempo, impossibili da scovare e sradicare alla luce del sole.

Dal 2006 ad oggi solo in Italia sono stati spesi decine e decine di milioni di euro per progetti destinati alle organizzazioni olivicole per monitoraggio, tracciabilità della qualità dell'olio d'oliva e diffusione delle informazioni.

A fronte di queste ingenti risorse pubbliche sovvengono tante domande. Qual è stata la ricaduta in produzioni olivicole di qualità e competitive?

Quanto olio extravergine di oliva è stato realmente caratterizzato e certificato al consumatore? C'è una riduzione degli impieghi di mezzi chimici di sintesi che può essere dimostrata?

In assenza di una risposta a queste domande, nulla possiamo dire e imputare in fatto di qualità degli oli ai nostri amici tunisini, che di contributi pubblici come i nostri non ne hanno! Serve un diverso approfondimento in materia di sviluppo olivicolo, dalla produzione in campo fino al post-consumo. Dobbiamo per forza di cose avere il coraggio di guardare oltre il nostro ombelico, per esempio allo scenario mondiale dei prossimi 20 anni.

La filiera olivicola è una delle poche attività in Tunisia che può determinare crescita economica e stabilità democratica

In questa situazione il comparto si dovrà confrontare con una tendenza dei consumi mondiali dell'olio di oliva in espansione, più di quanto succederà a casa nostra (che di olio ne consumiamo già molto). Infatti vi sono altre aree del pianeta che stanno convertendosi alla coltivazione olivicola (Australia, Sud America, Cina), in aggiunta ai tradizionali oliveti del Bacino Mediterraneo.

Allora logica vorrebbe che invece di considerare a priori come propri nemici o antagonisti i nostri dirimpettai Tunisini (o Marocchini, Algerini e via dicendo), si possa stabilire con questi una politica cooperativa di caratterizzazione qualitativa dei tanti oli di oliva, ognuno con la sua storia e le sue peculiarità, ma con una comune identità di riferimento data dal nostro mare comune.

L'identità del prodotto, improntata su principi di rispetto dell'ambiente, della salute e della dignità delle persone, che può far da base a una corretta informazione dei consumatori e determinare lo sviluppo della nostra olivicoltura, insieme a quella dei popoli a noi vicini. Olio extravergine biologico, tipico, solidale, con il giusto prezzo, nutraceutico, da oliveti secolari.

Sono questi i veri argomenti che abbiamo per arginare gli interessi dell'industria, della distribuzione (GDO) e delle multinazionali, che proprio sulle divisioni fra i produttori agricoli fondano le loro strategie di produzione distruttive e anonime, a vantaggio solo dei loro profitti.

E da operatori del settore dovremmo proprio augurarci che sia proprio una buona produzione di olio di oliva a dare finalmente inizio alla pace, alla prosperità e alla coesistenza di tutti i popoli del Mediterraneo!

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Olio di oliva dalla Tunisia: non è il diavolo.


Riflessioni su una vicenda gonfiata ad arte per far perdere di vista le vere criticità del settore La protesta contro l'olio di oliva dalla Tunisia non trova giustificazioni valide.

Di fronte alle ricorrenti polemiche sulle importazioni di olio di oliva dalla Tunisia, riportiamo alcune riflessioni sul argomento di Maurizio Agostini della Associazione ABC, Agricoltura Biologica in Calabria, che sono fuori dal coro nazionalista che accompagna da sempre il settore.

La lettera è stata inviata al Direttore del Il Fatto Alimentare, quotidiano online indipendente che pubblica articoli su tematiche alimentari: sicurezza, etichette, nutrizione, analisi dei prodotti, ecc. e approfondimenti su prezzi, consumi e legislazione.

La lettera è del marzo 2016 ma è straordinariamente attuale.

Caro Direttore,

si sentono ancora gli echi della tempesta mediatica che si è scatenata per la decisione presa dal Parlamento Europeo sull'importazione senza dazi di una quota aggiuntiva di 35 mila tonnellate di olio di oliva dalla Tunisia. Si tratta, in verità, di un provvedimento di cooperazione allo sviluppo, posto che la filiera olivicola rimane oggi una delle poche attività  che in quel paese può determinare crescita economica e stabili democratica.

Eventualità  auspicabili anche per noi. Ma tanta questa motivazione non ha placato le ire dei rappresentanti delle organizzazioni olivicole di carta, di grandi esperti di olio, chef e politici "anti-tutto".

Fra i tanti che oggi gridano allo scandalo ci sono quelli che davanti alle scene di migliaia di donne, bambini ed uomini in fuga da ogni terra martoriata dalla guerra e dalla fame, si scagliano contro le azioni di accoglienza umanitaria e urlano "aiutiamoli a casa loro".

Ecco oggi questa quota di importazione è un gesto concreto di aiuto! Ma la serietà e la coerenza non sono qualità che abbondano di questi tempi.

In diversi richiamano rischi su legalità e sicurezza dei prodotti.

La forsennata protesta non trova giustificazione nemmeno nei numeri macroeconomici. La quota autorizzata per l'importazione ammonta a circa 100-120 milioni di euro, a fronte di più di 8 miliardi di euro di consumi complessivi! Solo in Italia si produce annualmente olio per circa 300 mila tonnellate, con un valore di oltre un miliardo di euro.

Ne consumiamo almeno il doppio e ne esportiamo 300-350 mila Quindi l'Italia ogni anno importa oltre 600 mila tonnellate, soprattutto da Spagna e Grecia. Un volume di affari di oltre 1 miliardo di euro. La maggior parte delle transazioni import/export di olio di oliva nell'UE avvengono fuori dal regime doganale. Per intenderci una centrale di imbottigliamento di oli di oliva in Italia che importa direttamente olio extra europeo e lo confeziona per rivenderlo poi fuori dalla stessa Europa, opera senza dazio.

Insomma la nuova quota autorizzata per l'olio Tunisino è del tutto marginale nell'ambito dell'import/export del settore e non andrà certo a modificare quella che è la situazione del comparto olivicolo italiano ed europeo. In diversi richiamano anche rischi su legalità  e sicurezza dei prodotti.

Ma l'ingresso di prodotto irregolare viene favorito proprio dalle limitazioni alle frontiere. Aumentando le possibilità di importazione legale, si accrescono invece le possibilità di azione dei canali ufficiali di controllo. Ma poi, chi sono i protagonisti delle sofisticazioni e delle frodi? I produttori Tunisini o pezzi deviati delle filiere del continente europeo?

Nella sola regione Calabria ogni anno vengono erogati contributi Europei diretti ai redditi agricoli per un ammontare di circa 100 milioni di euro e gran parte sono riferibili ad attività olivicole. Sono derivazioni dei regimi di aiuto Europeo alla produzione olivicola che, dagli anni '70, hanno sostenuto il comparto.

Senza però evitare tanti fenomeni di drenaggio smisurato di risorse pubbliche, corruzione e malaffare. Quelli che sono i titoli di oggi, sono il risultato anche di questi fenomeni di un tempo, impossibili da scovare e sradicare alla luce del sole.

Dal 2006 ad oggi solo in Italia sono stati spesi decine e decine di milioni di euro per progetti destinati alle organizzazioni olivicole per monitoraggio, tracciabilità della qualità dell'olio d'oliva e diffusione delle informazioni.

A fronte di queste ingenti risorse pubbliche sovvengono tante domande. Qual è stata la ricaduta in produzioni olivicole di qualità e competitive?

Quanto olio extravergine di oliva è stato realmente caratterizzato e certificato al consumatore? C'è una riduzione degli impieghi di mezzi chimici di sintesi che può essere dimostrata?

In assenza di una risposta a queste domande, nulla possiamo dire e imputare in fatto di qualità degli oli ai nostri amici tunisini, che di contributi pubblici come i nostri non ne hanno! Serve un diverso approfondimento in materia di sviluppo olivicolo, dalla produzione in campo fino al post-consumo. Dobbiamo per forza di cose avere il coraggio di guardare oltre il nostro ombelico, per esempio allo scenario mondiale dei prossimi 20 anni.

La filiera olivicola è una delle poche attività in Tunisia che può determinare crescita economica e stabilità democratica

In questa situazione il comparto si dovrà confrontare con una tendenza dei consumi mondiali dell'olio di oliva in espansione, più di quanto succederà a casa nostra (che di olio ne consumiamo già molto). Infatti vi sono altre aree del pianeta che stanno convertendosi alla coltivazione olivicola (Australia, Sud America, Cina), in aggiunta ai tradizionali oliveti del Bacino Mediterraneo.

Allora logica vorrebbe che invece di considerare a priori come propri nemici o antagonisti i nostri dirimpettai Tunisini (o Marocchini, Algerini e via dicendo), si possa stabilire con questi una politica cooperativa di caratterizzazione qualitativa dei tanti oli di oliva, ognuno con la sua storia e le sue peculiarità, ma con una comune identità di riferimento data dal nostro mare comune.

L'identità del prodotto, improntata su principi di rispetto dell'ambiente, della salute e della dignità delle persone, che può far da base a una corretta informazione dei consumatori e determinare lo sviluppo della nostra olivicoltura, insieme a quella dei popoli a noi vicini. Olio extravergine biologico, tipico, solidale, con il giusto prezzo, nutraceutico, da oliveti secolari.

Sono questi i veri argomenti che abbiamo per arginare gli interessi dell'industria, della distribuzione (GDO) e delle multinazionali, che proprio sulle divisioni fra i produttori agricoli fondano le loro strategie di produzione distruttive e anonime, a vantaggio solo dei loro profitti.

E da operatori del settore dovremmo proprio augurarci che sia proprio una buona produzione di olio di oliva a dare finalmente inizio alla pace, alla prosperità e alla coesistenza di tutti i popoli del Mediterraneo!

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